12.13 Il disallenamento del nuotatore
Si è già detto nel primo capitolo che l'uomo deve fare del movimento, altrimenti può andare incontro a un peggioramento delle sue condizioni di efficienza fisica e addirittura ammalarsi.
Per quanto riguarda l'atleta, in particolare il nuotatore, le cose sono un po' diverse. Se infatti l'allenamento viene interrotto a causa di un infortunio o per altre circostanze, i sistemi fisiologici, tanto faticosamente allenati, perdono in efficienza e ritornano allo stato precedente all'allenamento stesso.
Questo fatto interessa particolarmente gli adattamenti cardiocircolatori che regrediscono quasi totalmente nel giro di dieci settimane.
Il dottor Venerando sostiene che interrompendo l'allenamento si perde circa il 50 per cento del guadagno conseguito in potenza aerobica dopo solo 5 settimane.
Nella ricerca eseguita da Saltin e collaboratori si sono analizzati gli effetti di 20 giorni di riposo forzato a letto su giovani fisicamente attivi. In questo esperimento è stato osservato che, in soli 20 giorni:
- il massimo consumo di ossigeno diminuisce del 27 per cento;
- la gettata sistolica - per un livello di esercizio di 600 kgm/min - diminuisce di circa il 25 per cento;
- la frequenza cardiaca - per lo stesso livello di esercizio - aumenta da 129 a 154 pulsazioni/minuto;
- la portata circolatoria diminuisce da 14,4 a 12,4 litri/minuto.
Questi dati dimostrano come l'organismo umano sia sensibilissimo agli stimoli determinati dall'esercizio fisico e alla carenza di essi. Nel nuoto, in particolare, bastano pochi giorni di riposo perché il fisico ne risenta; ecco perché in questo sport la maggior parte delle società si organizza in maniera tale da allenare i nuotatori ben sei volte la settimana (con esclusione della domenica, dedicata per gran parte dell'anno alle gare); gli atleti più maturi e più dotati, inoltre, arrivano a fare anche due sedute giornaliere per un totale di dodici allenamenti settimanali.
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